Approccio preventivo e terapeutico al Trapianto. Dalla rimozione di complessi autoimmuni in condizioni di rigetto, alla perfusione ex-vivo di organi destinati a Trapianto.”

Trapianto
A fronte della sempre maggiore scarsità di organi idonei disponibili per il trapianto, è stato necessario ampliare i criteri di selezione degli organi, considerando anche quelli considerati ‘marginali’, ossia quelli ottenuti anche da donatori anziani, donatori ‘a cuore fermo’ (DCD) o quelli con comorbilità, solitamente scartati in quanto danneggiati da complesse reazioni biologiche. Tuttavia, molti degli organi di cui sopra potrebbero essere trapiantati se fosse garantita la qualità e la vitalità dell’organo una volta prelevato. Pertanto, ripristinare e mantenere la vitalità degli organi con una tecnica di preservazione degli organi post-prelievo è un prerequisito fondamentale per l’uso corretto di organi anche marginali, al fine di aumentarne l’idoneità. L’obiettivo è di garantire il mantenimento della vitalità dell’organo e della sua funzione, anche se non è presente un adeguato apporto di sangue, una appropriata rimozione dei prodotti di scarto del metabolismo e di ambiente fisiologico, più in generale.

In aggiunta, tali organi sono aggravati dal danno da ischemia e riperfusione (Ischemia-Reperfusion Injury, IRI), che rimane un importante fattore di rischio per gli ‘organi marginali’, limitante il successo del trapianto e la sopravvivenza dell’organo e/o del ricevente, sia nell’immediato post-intervento, che a lungo termine.
In particolare, l’“ischemia” rappresenta una mancanza di apporto del sangue che si traduce in una carenza di ossigeno e glucosio, metaboliti necessari per la sopravvivenza cellulare e tissutale. A livello cellulare, l’ischemia porta al metabolismo anaerobico e si attivano meccanismi che in ultima fase comportano la morte cellulare. A livello più macroscopico, le molecole rilasciate dalle cellule danneggiate si propagano e stimolano una risposta infiammatoria a livello dei tessuti. Se l’ischemia persiste, le cellule e le strutture continuano a deteriorarsi e si arriva a un danno ischemico irreversibile.
La ristorazione del flusso sanguigno al tessuto ischemico è denominata “riperfusione”. Con la riperfusione, ossigeno e glucosio vengono forniti nuovamente al tessuto e alle cellule. Cellule apoptotiche e necrotiche portano all’attivazione della risposta immunitaria innata che determina lo sviluppo e la propagazione dell’infiammazione, tanto che, con la riperfusione, il danno ischemico viene esacerbato e accelerato.

Tabella cellule

Per sopperire all’aumentata richiesta di organi disponibili al trapianto e fronteggiare le crescenti liste d’attesa, negli ultimi anni è stata introdotta la metodica di donazione di organi da donatori incompatibili, che permette la donazione anche in caso di diverso gruppo sanguigno tra ricevente e donatore.
Il trapianto di rene in un soggetto AB0 incompatibile comporta l’immediata aggressione da parte degli anticorpi del ricevente nei confronti dell’organo trapiantato. In questo caso è necessario instaurare sul ricevente un trattamento desensibilizzante, che ha inizio circa un mese prima del trapianto.
In particolare, prima dell’intervento il ricevente viene sottoposto ad alcune sedute di plasmaferesi, con l’obiettivo di rimuovere dal sangue del ricevente gli anticorpi che porterebbero al rigetto. Parallelamente, tre settimane prima dell’intervento, si avvia nel ricevente la terapia immunosoppressiva con i farmaci, necessaria per spegnere la produzione degli anticorpi indesiderati.

A seguito di un trapianto, tutti i riceventi sono a rischio di rigetto dell’organo trapiantato: il sistema immunitario del ricevente riconosce il trapianto come estraneo e cerca di distruggerlo.
La forma acuta di rigetto anticorpo-mediato (AMR, Antibody-Mediated Rejection) è una condizione grave e potenzialmente mortale che, in seguito ad un trapianto, può condurre ad un rapido deterioramento o persino alla perdita completa dell’organo innestato. L’AMR acuto colpisce soprattutto i pazienti sensibilizzati ai loro donatori, ossia quei pazienti che, a causa di precedenti trapianti, trasfusioni o gravidanze, possiedono “anticorpi donatore-specifici” (DSA) che, legandosi agli antigeni presenti sull’organo del donatore, sembrano innescare l’attivazione incontrollata del sistema del complemento, provocando una reazione immunitaria che finisce per danneggiare l’organo trapiantato. Esistono poi casi in cui gli anticorpi DSA si sviluppano de novo a seguito del trapianto d’organo e attraverso vari meccanismi, inducono al rigetto. Il trattamento per questa tipologia di rigetto prevede la somministrazione di farmaci immunosoppressori, immunoglobuline endovena, anticorpi monoclonali e plasmaferesi, la quale ha l’obiettivo di rimuovere velocemente ed efficacemente dal circolo gli anticorpi coinvolti nel processo di rigetto.