Pubblicato su Critical Care 64:184-192 (2021), “High-dose CytoSorb hemoadsorption is associated with improved survival in patients with septic shock: A retrospective cohort study”, di Schultz P., Schwier E., Eickmeyer C., Henzler D., Köhler T.: uno studio riguardante la più adeguata dose di terapia con CytoSorb in una popolazione di pazienti in shock settico e necessità di supporto renale.

Si è trattato di uno studio retrospettivo di 70 pazienti in shock settico e/o SIRS, trattati precocemente (entro 24h dalla diagnosi) con CytoSorb in CVVHD per una media di 85,6 ore (numero di cartucce a paziente 3-2).

Dall’analisi dei dati è emersa una significativa riduzione della mortalità a 28 giorni calcolata secondo APACHE II: mortalità attesa 73,3% vs mortalità osservata 50% (p<0,05). Parallelamente alla riduzione della mortalità, a 72h dall’inizio del trattamento con CytoSorb è stata osservata anche una significativa riduzione di IL-6 (2144 – 445 pg/ml) e lattati (2,29 – 1,35 mmol/l) e un miglioramento del rapporto PaO2/FiO2 (212 – 269).

Aspetto fondamentale che contraddistingue questa esperienza è lo studio della relazione tra la quantità di sangue purificato (= durata del trattamento CytoSorb * flusso sanguigno / peso corporeo) e la sopravvivenza: ad un maggiore quantitativo di sangue depurato (dose di terapia CytoSorb) corrisponde un aumento della sopravvivenza (8,5±4,4 vs 6,1±3,6 l/kg, p=0,017). La valutazione della più corretta dose di terapia ha permesso l’identificazione di tre cluster: <6 l/kg, 6-13 l/kg e ≥13 l/kg, ai quali si associava una relazione dose-risposta lineare tra il quantitativo di sangue depurato e la sopravvivenza, risultata migliore nel cluster con il maggior quantitativo di sangue depurato (83,3%; p=0,045). Si segnala che in questa esperienza il metodo usato dagli autori non ha considerato il numero di cartucce sorbenti utilizzato per raggiungere la dose calcolata: l’algoritmo, infatti, presuppone il cambio cartuccia ogni 24 ore, senza considerare eventuali sostituzioni a 12h. Ciononostante, si tratta della prima pubblicazione che introduce il concetto fondamentale di “dose di terapia extracorporea”, che rappresenta un punto cruciale, determinante l’efficacia delle terapie stesse e il potenziale aumento della sopravvivenza.

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